Franco da Milano

Artigliere Alpino nella campagna di Russia, Partigiano, Ingegnere.
Sottotenente della 33.ma Batteria, con Cesare ed Angelo, camminò per giorni e giorni col viso squarciato da una scheggia che gli aveva asportato anche molti denti.
“In Ritirata io, ventunenne sottotenente, mi trovai responsabile della vita di decine di Artiglieri alpini a me affidati. E’ la grande responsabilità del comando, e che implica anche scelte impopolari… A un certo punto, dopo ore di marcia, mi resi conto che stavo perdendo lucidità: un lusso che non potevo permettermi, se volevo qualche possibilità di salvare il nostro gruppo. Per questo radunai vicino a me i miei uomini e chiesi: “Non abbiamo più nulla da mangiare?”. Fra tutti saltò fuori solo un vasetto di marmellata. Lo mangiai io solo, ostentatamente davanti a tutti. Nessuno protestò, e si noti che in Ritirata non c’era più alcuna disciplina formale, solo quella dettata dalla fiducia che ciascuno, soldato o ufficiale, doveva dimostrare di meritarsi. I miei Artiglieri credevano in me e capirono che io, loro guida, dovevo essere lucido per guidarli al meglio. Credo di essermi meritato quella fiducia e di non averli traditi, perchè riuscimmo a tornare, anche grazie al sacrificio consapevole dei caduti di quel nostro meraviglioso gruppo.”
La sua autobiografia: “Classe 1921 – ricordi di un ragazzo di Aosta ’41 1941-1945” edizioni Ikon